mercoledì 25 novembre 2015

TERRORI$MO I$LAMICO

Da anni sentiamo parlare di terrorismo islamico, ultimamente di ISIS. 
La prima cellula a dare il via al fenomeno fu Al Qaeda, ma soprattutto il suo leader Osama bin Laden. 
Dal giorno dell’attacco alle Torri Gemelle di New York il Mondo ha scoperto il terrorismo su scala globale e soprattutto da quel giorno è nato il “terrorismo islamico”. Pian piano l’Occidente iniziò ad accomunare in maniera spesso impropria e superficiale la religione con gli atti delle cellule terroristiche. Con la nascita dell’ISIS siamo passati ad un livello superiore ossia la presenza di un fantomatico “Stato Islamico” quindi una vera e propria porzione di territorio gestito ed amministrato da terroristi. Ciò è stato possibile grazie alle così dette “primavere arabe” ed alla volontà di governi della Penisola Arabica come Qatar e Arabia Saudita che insieme agli alleati occidentali USA, Francia e Inghilterra in prima battuta hanno finanziato l’ISIS in ottica anti-Assad. Le guerre volute dagli americani in Afghanistan e Iraq che secondo costoro sarebbero servite a portare pace e democrazia in Medio Oriente,in realtà hanno solo portato bombe e zone grigie dove sono potute proliferare cellule terroristiche. 
L'ISIS ha espanso i suoi confini su parte del territorio iracheno e siriano esercitando controllo politico compiendo di pari passo azioni contro yazidi ,curdi e cristiani. Tutto ciò in nome di Allah, riuscendo così a nascondendosi dietro a un culto religioso secolare e seguito da miliardi di credenti. I titoli sensazionalistici di alcuni media e gli urli di qualche “politico” opportunista hanno indotto l’opinione pubblica ad accusare tutti i musulmani di spalleggiare o comunque non condannare il terrorismo. 
Giunti a questo punto non dobbiamo cadere nell’accusa generalizzata, nella logica “fallaciana” del puntare il dito contro il mondo islamico, anzi dobbiamo sostenere quei musulmani che si oppongono da sempre all’ISIS; va sostenuto il Presidente Siriano Assad e il suo alleato Vladimir Putin, ma ancor di più gli europei devono abbandonare la passività per l’azione, il servilismo per l’intraprendenza, il rifiuto delle proprie origini per una riscoperta delle radici comuni. Abbiamo quindi due fronti: uno interno che è quello più difficile ossia con noi stessi e quello esterno contro l’ISIS.

martedì 17 novembre 2015

Parigi, multiculturalismo fallito e i limiti all’immigrazione di massa.


di Stenio Solinas (barbadillo.it)


Scoprire, come sta avvenendo in queste ore, che gli assassini di Parigi sono in maggioranza francesi è uno di quei cortocircuiti della Storia su cui converrebbe riflettere.

Lasciamo da parte le ovvie considerazioni di politica estera, ovvero uno scenario in cui la politica militare francese fra Mali, Centro-Africa, Afghanistan e Medio Oriente ha trasformato il Paese nel bersaglio numero uno dei jihadisti del mondo islamico, e guardiamo un po’ meglio quello che accade sul fronte interno. Esiste una situazione esplosiva nelle banlieues della capitale, e non solo, che la crisi economica ha aggravato, mentre l’assimilazione da un lato e il multiculturalismo dall’altro si sono dimostrati nel tempo incapaci di dare una risposta. La popolazione che le abita è sempre più giovane, oscilla fra microcriminalità, piccola economia di sussistenza pubblica e l’impossibilità di trovare uno sbocco in una città-mondo che esalta sì le «diversità», ma espelle dal centro, così come dai nuovi-antichi quartieri trasformati dalle mode e dagli stili di vita emergenti, le vecchie classi sociali «bianche» e «beur», ovvero il ceto piccolo borghese e operaio, l’immigrazione di prima generazione, relegando gli uni e l’altra ai margini geografici e sociali.

All’ultimo Festival di Cannes ha fatto molto discutere la Palma d’oro assegnata a Deephan, un film di Jacques Audiard, che narra l’arrivo a Parigi di un ex guerriero tamil, fuggito dagli orrori della guerra civile in Sri Lanka e dai suoi stessi orrori, perché in quel conflitto ha combattuto, devastato, ucciso. Che cosa trova il nostro profugo nella periferia parigina che lo accoglie? L’assenza dello Stato e la presenza di tanti caïd della droga, in lotta fra loro per il controllo dello spaccio. Musulmani di origine, francesi per cittadinanza, teppisti di puro succo indigeno, una miscela esplosiva dove le bande si alleano o si combattono in nome di supposte regole nazionali e/o religiose. Ne verrà fuori una strage, con l’ex tamil che ritrova a un certo punto quell’ebbrezza del sangue e della morte che si illudeva di aver dimenticato. Stando alle autorità transalpine, ci sono oggi circa 1.500 giovani francesi riconducibili alla filiera islamista coinvolti nel conflitto siro-iracheno, l’84 per cento in più rispetto allo scorso anno. Oltre cinquemila sono gli islamisti radicali titolari sul territorio della cosiddetta scheda S, ovvero ritenuti pericolosi per la sicurezza.

L’eredità coloniale fa il resto.È la punta di un iceberg cresciuto nell’odio del vecchio romanzo nazionale francese. Su tutto ciò, da un quarantennio a questa parte, la Francia dei «diritti dell’uomo» ha steso una melassa insopportabile picconando quelli che erano i valori identitari nazionali, colpevolizzando cioè i francesi per il solo fatto di voler essere tali, senza però che mai dalle parole generiche, dalla facile retorica dei buoni sentimenti, dalle lusinghe massmediali un tanto al chilo si agisse poi veramente in profondità, disinnescando i conflitti, ricucendo i tessuti economici e sociali, riaffermando un diritto-dovere nei rapporti fra cittadino e Stato. Una melassa indigesta e indigeribile dove le vecchie parole d’ordine venivano ridicolizzate, ma le nuove restavano appannaggio di una società dello spettacolo divenuta ormai un tutt’uno con la società della politica, un’orgia di «politicamente corretto» dietro al quale, così come per la politica estera francese, non c’era e non c’è né una visione strategica né un progetto, ma solo l’illudersi di essere al passo con i tempi.

Oggi la Francia ufficiale, con sette milioni di musulmani in casa, si trova a dover rispondere a una domanda semplice che essendo però «politicamente scorretta» si è finora rifiutata di porsi: quando è che il fenomeno di immigrazione di massa oltrepassa i livelli fisiologici che gli sono propri? Alcuni studiosi, di destra come di sinistra, parlano già di «sostituzione di popolazione» e sono gli stessi che si chiedono in nome di quale principio una società multietnica debba essere giudicata preferibile a una società monoetnica. Perché, insomma, si debba applaudire all’«elogio del meticciato» e non alla difesa di un’identità etnoculturale che viene invece spacciata come un crimine. Anche perché, se è un crimine, non si capisce bene quale guerra si voglia combattere…

lunedì 9 novembre 2015

"A ROM E CLANDESTINI CI PENSA LA BOLDRINI"

Laura Boldrini, il Presidente della Camera (o "la PresidentA" come piace a lei), rappresenta tutto ciò per cui noi combattiamo. Da quando si è messa a sedere sulla poltrona principale della Camera ha iniziato a riversare tutto il suo odio verso ciò che rappresenta l’Italia e l’italianità. Spesso ha superato abbondantemente i paletti che il suo ruolo di arbitro imparziale impongono cercando, di fatto, di influenzare l’aula e l’opinione pubblica. È sovente beatificare i flussi migratori senza considerare i risvolti negativi di tali eventi. Come se non bastasse si è autoproclamata di fatto paladina degli immigrati e dei rom ponendosi a difesa di queste due categorie, nel novembre 2014 disse: “i rom vanno valorizzati, dire che rubano è come dire che tutti gli italiani sono mafiosi” e per quanto riguarda gli immigrati nello scorso aprile dichiarò: “I nuovi partigiani sono costretti ad attraversare il Mediterraneo per arrivare qui” e poi: “lo stile di vita dei migranti sia il nostro”. Riteniamo queste frasi offensive nei confronti dei cittadini italiani che si vedono diminuire servizi, aumentare tasse e posticipare il pensionamento quando a migliaia di immigrati si concede vitto e alloggio a scatola chiusa ossia senza assicurarsi che siano realmente dei rifugiati. La signora Boldrini detesta tutto ciò che lei non approva e si spinge a dare lezioni di civiltà a destra e a manca fino a colpevolizzare quegli stati che si rifiutano di accogliere i profughi che non siano rifugiati. Qualche giorno fa accusò il Governo ungherese di Orban definendo il muro, eretto per difendere il territorio nazionale, come un “atto vergognoso e penoso" oppure è arrivata a dire che preferisce difendere i migranti piuttosto che difendere i confini di stato. Quest’ultima esternazione è quanto mai grave soprattutto se detta da una delle più alte cariche dello Stato. Chiaramente la Signora Boldrini preferisce continuare questa tratta di esseri umani invece che impedire le partenze ed evitare così morti e disgregazione sociale in Italia. Oggi è qui a Siena e noi siamo qui per far vedere che ci sono degli italiani che non si fanno prendere in giro e soprattutto per dimostrare che non accettiamo passivamente le sue lezioni buoniste.